Come nasce una mostra – Dancing is what we make of falling
Come nasce una mostra - Dancing is what we make of falling
Immagini inedite e video per raccontare la mostra evento realizzata e curata da Samuele Piazza e Valentina Lacinio.
In questo episodio Samuele Piazza e Valentina Lacinio, curatori delle OGR Torino, raccontano l’esperienza di “Dancing is What We Make Of Falling”. Sei appuntamenti serali (+1) hanno scandito nel 2018 la mostra, presentando ogni settimana un nuovo video e interventi di ricercatori, artisti e collaboratori. Un’occasione di incontro e riflessione, che ha trasformato lo spazio di Binario 2 in uno luogo di ritrovo e dibattito critico.
"Innanzitutto, inizierei col dire che “Dancing is What We Make Of Falling” è un progetto nato un pochino per caso. Solitamente la direzione artistica cerca di programmare con un lungo anticipo, di due anni in due anni, tutta la serie di mostre che verranno ospitate nei nostri spazi, cercando di evitare grandi imprevisti nella programmazione, ma possiamo dire che Dancing e stato un imprevisto molto fortunato.
Ad un certo punto del 2018, per un disguido, una mostra programmata per l‘autunno ha lasciato la nostra programmazione ed è rimasta incompiuta. Abbiamo deciso quindi di approfittare un po' dell'occasione ghiotta e in particolare del fatto che in Binario 2, lo spazio dove Dancing è stata ospitata, ci fosse già un allestimento in corso, la mostra di Davide Ferrario “Reverse Angle”, la quale prevedeva tre schermi flottanti già allestiti.
A questo punto ci siamo guardati e ci siamo detti: che cosa possiamo fare immaginando di avere già questi tre schermi e potendo riutilizzare fondamentalmente del materiale di OGR, pur non avendo di per sé un budget dedicato per questa nuova mostra.
Siamo andati da Nicola Ricciardi, il nostro direttore artistico, e abbiamo fatto la proposta più fattibile, ossia di organizzare una mostra video, quindi una proiezione pubblica, gratuita riutilizzando uno di questi schermi che era già installato.
Questo è stato proprio il primo punto di partenza, che ci ha visto impegnati in una iniziale selezione di video d'artista.
Ci siamo guardati intorno alla ricerca di quelle che potevano essere pratiche che ci interessavano rispetto a quello che era lo scenario politico e sociale di quei giorni (che non è cambiato molto nei due anni a seguire!) ma che vedeva finalmente una lunga riflessione sugli stermini in mare, quindi il problema dei migranti, che lo stesso Davide Ferrario nella sua installazione stava in qualche modo toccando.
Questa paura dell'alterità spinta in vari scenari ci ha spinto a lavorare con artisti che avessero da una parte un interesse politico in senso lato, ma che avessero anche la capacità di creare un mondo alternativo nei loro video e nei loro lavori e quindi abbiamo cercato di unire una visione politica interessante ad una capacità estetica, per trasportarci il un mondo quasi altro. Quindi se pensiamo alla selezione finale dei video, siamo passati dalle animazioni Cgi di Jacolby Satterwhite, che sono realizzate a partire dai disegni della madre per la creazione di questi mondi alternativi abitati da voguers, alla fantascienza dei video di Loretta Fahrenholz, che si immagina una Brooklyn post apocalittica abitata solo da questi zombi-ballerini di danze street, l'idea è stata quindi quella di ragionare sulla creazione di mondi visti spesso da posizioni di alterità, o quello che viene percepito come alterità.
E quando abbiamo dovuto pensare ad un titolo per questa selezione di video, è venuto in soccorso un passaggio da un libro, una raccolta di poesie del ricercatore statunitense Fred Moten, che è una figura cardine di tutta la riflessione sulla resilienza, in quel caso afroamericana, e sull’idea di una pratica che fosse aperta che fosse multidisciplinare che coinvolgesse diverse persone in una pratica collaborativa. Abbiamo isolato questo passaggio: “Dancing is What We Make Of Falling” ovvero danzare è ciò che facciamo del cadere, che è un passaggio di una sua poesia e che secondo noi era appunto un inno alla capacità creativa di questi artisti di proporre una visione diversa del mondo che stavamo vivendo.
L'idea di trasformare la caduta in una danza, è diventato il motto di questo progetto.
E’ stato molto divertente, in realtà, sentirci forse un pochino più liberi, di esplorare anche il formato mostra e infatti se inizialmente diciamo timidamente la nostra proposta era solo una proposta di proiezione video poi in realtà, piano piano ci ha preso un po' la mano e il progetto di mostra in realtà si è esteso moltissimo a partire proprio dalle tante suggestioni contenutistiche, concettuali, teoriche, filosofiche, contenute nei video stessi. Quindi facendo ricerca sui video, piano piano sono arrivati tanti spunti: avendo fatto le formichine su quanto riguardava l’allestimento mostra abbiamo deciso di dedicare il piccolo budget, che siamo riusciti in qualche modo a recuperare, per coinvolgere terzi ed effettivamente lasciare esplodere questa multidisciplinarietà dai video con la vera e propria rilevanza fisica nello spazio mostra.
Il primo pensiero che abbiamo fatto è stato quello di poter dare al pubblico uno strumento di comprensione maggiore rispetto ai video, non solo per quanto riguardava l'identità degli artisti o le opere stesse, ma proprio rispetto alle suggestioni contenutistiche e tematiche che questi video avevano, in alcuni casi insomma anche su problematiche politiche complesse.
In generale diciamo tutte le collaborazioni sono nate tra teorici, artisti, curatori, che fossero abbastanza a portata di mano, nel senso che questo progetto stava nascendo innanzitutto molto velocemente perché il tempo è stato poco e con dei budget un po' più limitati; quindi abbiamo pensato di ingolosire chi sapevamo già che si sarebbe lasciato coinvolgere volentieri.
Per questo motivo i primi a cui abbiamo pensato, soprattutto per creare dei contenuti che fossero degli strumenti veramente utili e molto semplici e veloci per il pubblico, sono stati Kabul Magazine, un’associazione no profit, piattaforma digitale, archivio di traduzioni di testi critici, filosofici, curatoriali, i quali, con un lavoro corale hanno prodotto delle fanzine che sono state stampate e distribuite in modo abbastanza agile e soprattutto in modo gratuito durante questi eventi che hanno costituito la costellazione di Dancing. La selezione dei testi è stato un discorso botta e risposta, quindi su suggerimenti in alcuni casi nostri e in altri nati direttamente dalla redazione di Kabul, di testi che, come anche loro fanno normalmente, non fossero mai stati tradotti in italiano. Per noi era l'occasione di dare visibilità a testi magari anche abbastanza conosciuti all'estero che invece proprio per una barriera linguistica non hanno mai avuto un’ampia circolazione in Italia, e soprattutto mi piace ricordare che questi testi sono finiti per una loro pubblicazione che ha avuto vita dopo la mostra e questo ci fa molto piacere perchè anche chi non ha potuto partecipare a queste serate che erano una dopo l'altra, in due mesi di appuntamenti settimanali, può rendersi conto di quello che la mostra ha tentato di fare, anche solo leggendo la selezione dei testi. I testi spaziano da suggestioni sulla fantascienza femminista, alla storia delle ball afroamericane a testi di varie autrici femministe; per esempio abbiamo per la prima volta, forse, tradotto il manifesto trans femminista. La selezione, per quanto ampia, è riuscita a trovare un cappello nel libro QUEERDO, edito da Kabul, e quindi tutti i testi sono rimasti al di là delle fanzine.
La nostra richiesta a Kabul è stata quella di produrre appunto qualcosa che fosse collezionabile, che fosse abbastanza cheap, volutamente, ma soprattutto che in qualche modo potesse documentare “tout court” l'esperienza di Dancing e quindi che ne assumesse il carattere.
In questo modo abbiamo inaugurato la prima collaborazione e da lì di nuovo ci siamo ingolositi ulteriormente e abbiamo deciso di coinvolgere delle figure italiane che fossero dei teorici, dei critici, dei curatori, degli scrittori, per introdurre i temi dei video prima che questi venissero proiettati al pubblico, quindi con una sorta di talk live, in realtà immaginato anche per l’allestimento che la serata aveva, quindi cuscini in terra, in una situazione molto distesa, molto intima, quasi da salotto, immaginata per far sì che queste persone diventassero non solo dei professori in una lezione frontale, ma anzi che potessero essere molto dialogici, molto orizzontali.
Ci teniamo a citare le persone che hanno contribuito a queste introduzioni splendide che sono state: Irene Dionisio, Lucrezia Calabró Visconti, Ilenia Caleo e Nicoletta Vallorani, le quali appunto sono state nostri ospiti e che hanno introdotto quattro degli eventi serali.
Oltre a loro ci siamo detti che non poteva non esserci la musica e forse non poteva mancare una parte live performativa artistica e a quel punto nuovamente abbiamo provato a ragionare su quali potessero essere gli artisti, italiani, dal momento che la selezione video era stata spostata per di più su internazionali, che potessero produrre o riprodurre, una loro opera, una loro performance live durante una di queste serate e abbiamo coinvolto artisti italiani: il duo Drifters, Enrico Boccioletti insieme Alessandro Di Pietro, Benni Bosetto e infine Dafne Boggeri con il progetto “Tisana”.
Oltre a loro, una delle presenze fisse è stata Ramona Ponzini anche lei contatta fin dalle prime battute, alla quale abbiamo chiesto di creare dei dj set ad hoc per ogni appuntamento e ispirati al video, alla pratica dell’artista presentato. Essendo lei musicista ma anche curatrice ci sembrava la personalità giusta per estrapolare dei punti di vista inediti su quello che stavamo per presentare: le persone erano invitate ad entrare in mostra, e prendendo la fanzine, in qualche modo entrare in un mondo, ogni volta diverso, anche tramite la selezione musicale di Ramona.
Alcune delle persone che abbiamo coinvolto nella prima edizione sono poi rimaste per collaborare per quella che doveva essere la seconda versione, un po' sfortunata, che ha avuto un inizio e poi uno stop dovuto alla pandemia, ma speriamo di farla riprendere nei modi che ci saranno possibili, presto.
Per concludere vogliamo dire che l'esperienza di Dancing è stata veramente un’esperienza, sia per il coinvolgimento che c'è stato da parte del team di OGR che ad un certo punto si è appassionato al progetto, questo perché come abbiamo specificato Dancing è stato una sorta di sperimentazione di formato mostra un pochino più inedito rispetto ai formati mostra che di solito sono presenti in OGR, quindi questa serie di serate per lo più molto intime e quasi fra amici, per le quali abbiamo cercato, con questo ritmo abbastanza serrato, di creare un certo tipo di affezione da parte del pubblico che nelle puntate è cresciuto ed è stato anche incredibilmente generoso, così come sono state generose tutte le persone che hanno contribuito a rendere la mostra così densa e quindi ci auguriamo di poter riprendere presto con Dancing 2 e vi ringraziamo tantissimo per averci ascoltati."
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Il progetto nasce nell'ambito di OGR is digital: le OGR Torino si raccontano attraverso contenuti inediti e attività per il pubblico. Con lo sguardo rivolto al futuro, le OGR intendono narrare la vocazione che ne compone e definisce le molteplici anime culturali. Non solo arte, musica e tecnologia, ma anche il rapporto e l’interazione con il pubblico, al centro degli spazi sia fisici che virtuali.
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